Prendo spunto da una domanda che mi è stata posta decine di volte questa settimana: “Cosa si prova in centrifuga?” Capisco che la curiosità è molto forte, perché anche per me non è una esperienza che possa fare giornalmente.
A costo di essere noioso, devo prima dare qualche spiegazione tecnica sulla centrifuga. Per quanto ne sappia, esistono due tipi di centrifughe utilizzate per l’addestramento aerospaziale. Il primo tipo è, credo, il più comune, e impartisce al soggetto una accelerazione che va dalla “testa ai piedi”. Viene utilizzata per addestrare i piloti di aerei ad alte e altissime prestazioni per imparare a gestire le forti accelerazioni che questi velivoli sono in grado di sostenere, di solito fino a 9g. Questo vuol dire che, sotto accelerazione, il sangue che normalmente viene spinto verso il cervello dal cuore sotto 1g tende a lasciare la parte alta del corpo (la testa) e ad accumularsi invece nelle gambe. Purtroppo in un aereo abbiamo molto più bisogno della testa che delle gambe, per cui questo effetto è molto deleterio e causa vari fenomeni (tutti temporanei – nel momento in cui l’accelerazione finisce, passano gli effetti): visione grigia (ovvero gli occhi perdono temporaneamente la capacità di distinguere i colori), visione a tunnel e perdita di conoscenza. I piloti sono addestrati a gestire in maniera preventiva le accelerazioni, utilizzando sia una tecnica di respirazione chiamata AGSM (Anti G Straining Maneuver), sia con delle tute, chiamate anti-g, che aiutano a mantenere il sangue nella parte alta del corpo comprimendo, di solito pneumaticamente, le gambe.
Su una navetta spaziale che rientra dall’orbita terrestre, le accelerazioni hanno una direzione diversa, perché gli astronauti e i cosmonauti sono “seduti” sulla schiena. Durante la fase di decelerazione, dovuta all’atmosfera, il veicolo passa da circa 8000metri/sec di velocità a poche centinaia di metri al secondo. Questa cosmica frenata è percepita dall’equipaggio come una accelerazione dal petto verso la schiena. Per questo motivo la centrifuga del Centro di Addestramento Cosmonauti di Star City genera delle accelerazioni “petto-schiena”. Un astronauta in addestramento ha in tutto sei occasioni per provare la centrifuga. La prima volta si viene legati a uno speciale sedile – in una posizione molto più comoda rispetto alla Soyuz – per una, chiamiamola così, joyride. Il profilo di accelerazione è quello del lancio nominale e del rientro nominale, il primo con due picchi intorno ai 3g, il secondo con due picchi intorno ai 4.5g. Tutto è gestito dal computer di bordo, e gli astronauti devono solo controllare che tutto funzioni regolarmente. Un team di medici controlla che tutto sia sotto controllo osservando i nostri battici cardiaci. La seconda esperienza è molto più interessante, perché si prova il profilo di rientro balistico – cioè quando la navetta è incontrollabile. In questo caso, l’astronauta è sottoposto ad accelerazioni molto più elevate e prolungate – nella realtà fino a 11g, nella centrifuga fino a 8g (per limiti di sicurezza – la centrifuga può generare ben oltre 25g!). Durante questo profilo l’astronauta deve dimostrare di essere cosciente per tutto il periodo di rientro, eseguendo una serie di task: leggere una tabella illuminata (come quella dell’oculista) con caratteri e numeri di varia misura, o premere un pulsante tutte le volte che una serie di luci, poste in un arco di 180° davanti agli occhi, si accende. Potrebbe sembrare che una accelerazione petto schiena sia molto più semplice da sopportare – io mi aspettavo che sarebbe stato un gioco da ragazzi, paragonato ai 9g di un F16! Ma mi sbagliavo. A 8g, non istantanei ma sostenuti, il sangue comunque tende ad abbandonare la parte frontale del cervello, e quindi è comunque necessario utilizzare una tecnica AGSM. Inoltre bisogna ricordare che gli astronauti non indossano alcuna protezione anti-g e che, rientrando dopo 6 mesi in assenza di peso, il corpo non è per niente abituato a gestire le accelerazioni.
Le altre quattro prove in centrifuga sono le due dry run, prima di ogni esame, più due esami.
Dopo questa lunghissima premessa, torniamo alle sensazioni che si provano. Vorrei provare a descrivere proprio tutto, quindi provate a immaginare di essere con me, in Russia, nel giorno dell’esame che decide se sarete qualificati o meno al rientro manuale della capsula. Indossate la tuta blu, con le patch di missione e il vostro nome. La commissione chiede se siete pronti all’esame, e l’esaminatore vi dice che via aspetta al check radio.
Il team medico installa sul petto i sensori per il cardiogramma, poi controlla battito e pressione sanguigna. Adesso siete pronti a entrare in centrifuga: il cockpit è estremamente familiare, perché identico a quello degli altri simulatori. Vi legate nel sedile Kazbek – Казбек – con la cintura a 4 punti, e prendete in mano il РУС, il Sistema di Controllo Manuale. Sotto i vostri pollici avete due tasti: premendo quello sinistro una volta, la capsula si inclina verso sinistra di 15°, e premendo successivamente di altri 15° – fino a 45°. Premendo quello destro, la capsula torna a 0°, poi successivamente a incrementi di 15° sia arriva fino a 45°. In maniera molto grossolana, potremmo dire che a sinistra si perde velocità più rapidamente (quindi noi percepiamo una accelerazione più alta), a destra l’opposto. Avete indossato le cuffie, i tecnici hanno chiuso il portello e siete completamente isolati. Non c’è alcun suono oltre il vostro respiro, amplificato dai microfoni. Per la prossima ora, non potrete muovervi.
L’esaminatore dà il via alla prima prova – dovrete superarne 3. La centrifuga comincia a girare lentamente, e inizialmente “percepite” la rotazione, ma dopo soli pochi secondi siete già abituati e non ve ne accorgete più. Iniziate a “pilotare” la capsula, secondo il profilo calcolato dal computer che vi è apparso sullo schermo – sapete che avrete una accelerazione massima di circa 5g. La navetta, con i suoi 28000km/ora iniziali, “sprofonda” nell’atmosfera, e decelera sempre più rapidamente: 2.5g, 3g, cominciate a sentirli nel petto e la respirazione si fa più difficile. Date il comando, a destra, per fermare il rateo di accelerazione, ma i g continuano a crescere, 4g, 4.5. Adesso sentite l’accelerazione anche nella gola, che tende a comprimersi, e parlare è quasi impossibile mentre descrivete tutte le vostre azioni per l’esaminatore che vi ascolta. I g ora smettono di aumentare e si stabilizzano intorno ai 4.9g. È il momento di “buttarsi” a sinistra, per perdere quota e avvicinarsi al punto di atterraggio previsto: avete a disposizione solo 20km di buffer per passare l’esame, e non sono molti. Ma fra pochissimo inizierà il secondo picco di accelerazione, e sapete che dovrete essere pronti a “tornare” verso destra. Continuate a parlare e a leggere ogni parametro, per essere sicuri che nulla sfugga al controllo. Basta un attimo di esitazione, un piccolo ritardo, per fallire! E nonostante abbiate provato centinaia di profili diversi, il numero è illimitato, e ogni navetta si comporta diversamente – e inoltre siete sotto accelerazione! Bisogna rimanere concentrati. Il secondo picco di g finisce, e la navetta adesso ha una controllabilità limitata, perché la velocità è molto bassa – poche centinaia di metri al secondo. La prova è finita, e l’esperienza vi dice che siete entro i 10km di errore. Prova passata.
Ancora due vi aspettano.
Discussion: 6 comments
Ciao Luca,
grazie per questa dettagliata spiegazione. Sono un’appassionata di faccende aerospaziali (passami questa espressione) e seguo con interesse l’attività degli astronauti italiani. Sin da bambina ho sempre sognato di viaggiare nello spazio, anche se da adulta ametto che probabilmente non ne avrei mai avuto il coraggio! 🙂 E allora continuo a sognare, guardando le stelle e seguendo chi ha realizzato quel sogno, come te. Nel mio piccolo, però, viaggio nello spazio di continuo con la fantasia, scrivendo romanzi di fantascienza. E, a questo proposito ,credo proprio che la tua descrizione di cosa si prova durante il rientro nell’atmosfera terrestre della navetta mi sarà di ottimo spunto nel mio prossimo libro, per raccontare le sensazioni dei personaggi che si troveranno a fare la stessa esperienza, di ritorno da Marte (visto che devo sognare, sogno in grande!).
In bocca al lupo per la missione!
Un saluto dalla Sardegna,
Carla
Ciao Carla,
l’idea che un’autrice di fantascienza possa trarre ispirazione dalle mie parole mi fa un immenso piacere.
Devi sapere che uno dei miei sogni è quello di scrivere un romanzo – di fantqascienza “possibile”, tipo Crichton – quindi come vedi anche tu hai realizzato un sogno per me ancora lontano.
Voglio farti una proposta: fra sei mesi avrò avuto la vera esperienza di un rientro orbitale. Potremmo sentirci allora, in modo che io possa descriverti in maniera ancora più realistica quello che si prova.
Da grandissimo appassionato di fantascienza, un caro saluto, crepi il lupo! e a presto.
Luca
Ciao Luca,
ops, leggo solo adesso la tua risposta.
Ti ringrazio tantissimo per la tua proposta. Sarei felicissima se potessimo sentirci al tuo rientro per sentire da te il racconto di questa esperienza. Al di là di tutto, sarebbe davvero molto interessante per me avere informazioni di prima mano su questo argomento. Sono proprio una fanatica di queste cose, sebbene in confronto a te sono a dir poco una pivella. 🙂
Purtroppo il libro che menzionavo uscirà un po’ prima del tuo rientro, ma si tratta dell’episodio finale di un romanzo a puntate (quattro in tutto, ne sto pubblicando una ogni 5 mesi), intitolato “Deserto rosso”. Di questo comunque realizzerò prima di Natale la versione completa, l’intera serie (un “tomo” di 600 pagine), che potrà contenere delle aggiunte e degli approfondimenti rispetto alle singole puntate, per cui forse farò in tempo a sfruttare ciò che mi racconterai e inserirlo nel romanzo, in un’aggiunta last minute, visto che non ne ho ancora stabilito in maniera definitiva la data di pubblicazione. Oppure entrerà in un’edizione successiva.
Poi ti farò avere una copia del romanzo, ovviamente. Mi sembra il minimo per un aspirante collega scrittore e appassionato del genere. Anzi, se in futuro deciderai di cimentarti nella scrittura, sai a chi rivolgerti per qualche dritta. 🙂
“Deserto rosso” è, nel mio piccolo, proprio un romanzo alla Crichton, un thriller di fantascienza (abbastanza) “possibile”, a cui però si aggiunge una certa esplorazione delle emozioni dei personaggi che vivono un’esperienza letteralmente fuori dal mondo. Scommetto che potrebbe piacerti!
Grazie ancora per la tua gentile proposta.
Buon viaggio, buona permanenza e… stai attento là fuori. 😉
A presto!
Carla
caro Luca,
grazie per condividere con noi queste sensazioni e grazie per farci vivere indirettamente la tua esperienza.
Nel mio piccolo piccolissimo, ho realizzato il mio enorme sogno di visitare Cape Canaveral e “fare un giro” sul simulatore di lancio dello Shuttle.
Sarà anche stato poco più di una Luna Park attraction, ma mi sono sentita Astronauta per un giorno, emozionata e felice come poche volte mi è successo da quando sono nell’età della ragione (!).
Vivere le tue avventure e quelle di AstroSamantha è davvero magnifico.
Thanks for sharing and please keep us posted!
Enjoy your flight
Iole
Cara Iole,
poter realizzare il proprio sogno è un indescrivibile privilegio, condividerlo è un immenso piacere. Come se vivessi l’avventura tante volte quante sono le persone che la seguono.
Spero che continuerai a inseguire i tuoi sogni, qualsiasi essi siano, e grazie per le tue parole.
Luca
PS probabilmente io non sono ancora “nell’età della ragione”! 😉
Ciao Luca,
che sogno che mi hai fatto vivere con le tue parole!
Ho sempre sognato di fare l’astronauta, andare sulla luna, sedermi sulla sabbia lunare e meditare guardando la terra a forma di luna blu, che è anche il mio colore preferito, realizzare di essere un essere umano e di quanto sia fortunato a vivere sulla terra.
Fin da piccolo ho sempre voluto fare l’astronauta, mi mettevo su una sedia con le rotelle ( e tutt’ora lo faccio) e iniziavo a girare su me stesso sempre più velocemente fino a provare quella sensazione piacevole, almeno per me, o come quando sull’altalena intrecciavo le catene fino a che li lasciavo andare per sentire quella accelerazione.
Ho guardato tanti video sulle G-machine, quanto avrei voluto provarne una!
Da un anno studio per prendermi licenza PPL con tante difficoltà economiche, ho ottenuto anche il certificato medico di prima classe e questo, mi faceva, in quel giorno della visita all’istituto di medicina aerospaziale dell’aeronautica militare, sentire come alla NASA, come nel film Apollo 13, o first man.
Ho letto, caro Luca del tuo percorso per arrivare ad essere astronauta, ed è lontano anni luce dal mio percorso attuale, per lo più ho pure 35 anni, mi sembra un sogno irraggiungibile, essere un astronauta, diventare il primo o uno dei primi pionieri su ad andare su marte, passeggiare sulla luna magari in compagnia del mio cane che tra parentesi sarebbe felicissimo con tutte quelle pietre ahaha ma dubito col muso lungo che si ritrova che possa indossare un casco ehehe.
Tornando sulla terra, sai che sono anch’io siciliano e mezzo spagnolo, mio padre lo era, sai che orgoglio che sei stato il primo comandante Siciliano della stazione spaziale internazionale, come dicono a Palermo “Chi dici?!” eheheh, è un altro primato viene da un altro Siciliano oggi il primo presidente della repubblica.
Mi sono perso nelle mie parole, come oltretutto mi perderei se potessi parlare con te e chiederti di tutto, una notte a guardare le stelle e a fotografare facendo qualche bel time-lapse, come tanti ne ho fatti.
Non sono il tipo che si fa degli idoli o che impazzisce alla vista del cantante preferito, per me sono tutti persone come me, di successo ma come me, però qualcosa te la vorrei chiedere, vorrei tanto ricevere una patch ESA e una tua foto Autografata “Luca il capellone siciliano Parmitano”.
Un abbraccio caloroso chissà un giorno saremo a fare un time-lapse li sulla luna e a chiacchierare come due vecchi amici.