Manca poco alla fine della missione VITA, la terza per l’astronauta ESA Paolo Nespoli, ma la scienza a bordo della Stazione Spaziale non rallenta per nessuno… nemmeno per chi come Paolo e colleghi deve iniziare a preoccuparsi di “fare le valigie” per tornare a Terra!
Le ultime settimane dall’ultimo nostro post sono state impegnative ma piene di sorprese: la navicella Cargo Cygnus ha portato a bordo della ISS provviste e hardware per mantenere rispettivamente funzionanti e di buon umore gli astronauti e la Stazione stessa.
When you really, really miss pizza… you CASUALLY mention it to the International @Space_Station Boss during a live public event 😉 Thank you Kirk for surprising us with unexpectedly delicious pizzas! #VITAmission pic.twitter.com/WstvG3IKr1
— Paolo Nespoli (@astro_paolo) December 2, 2017
Fra le molte provviste arrivate a bordo Paolo e i suoi 5 compagni di viaggio hanno ricevuto una sorpresa: a bordo della navicella c’erano infatti tutti gli ingredienti per preparare e cucinare una pizza. Gli astronauti si sono goduti dunque una serata all’insegna della cucina improvvisandosi pizzaioli.
Che la pizza spaziale abbia fornito sufficienti calorie agli astronauti?
Per capirlo dovremo aspettare i risultati dell’esperimento Energy, che dal 2012 raccoglie dati sull’apporto energetico degli astronauti durante le missioni di lunga durata. Anche Paolo ha preso parte allo studio sia prima di partire per la Stazione Spaziale, sia una volta a bordo fornendo importanti misurazioni sulla sua densità ossea e il suo metabolismo. Una volta tornato a Terra sarà sottoposto a una sessione finale per comparare i dati raccolti in microgravità con quelli pre e post missione.
Se in futuro l’esplorazione umana dello spazio vorrà andare oltre l’orbita bassa della Terra (quella dove ora viaggia la ISS) sapere di quante calorie avrà bisogno ogni membro dell’equipaggio sarà essenziale per affrontare al meglio questo viaggio.
Purtroppo la pizza rimarrà ancora per un po’ fuori dal menu ma gli astronauti a bordo della Stazione stanno già lavorando per poter capire come crescere in microgravità altri tipi di alimenti.
Grazie ad una serra situata nel laboratorio europeo Columbus Paolo e i colleghi si stanno prendendo cura di alcune piante come parte dell’esperimento Veg-03. Si tratta del quarto raccolto di questa sessione e della prima volta che un mix di piante diverse (lattuga, cavolo e mizuna) viene coltivato in microgravità. In questa fase dell’esperimento all’equipaggio è stata riservata solo una piccola parte del raccolto spaziale: campioni di ogni pianta e del cuscinetto di terra dove sono cresciuti sono inseriti dopo ogni raccolto all’interno del freezer MELFI, che li conserva fino a -80 gradi Celsius per poterli poi spedire a Terra per essere studiate. L’obiettivo è capire se il processo seguito e l’habitat in cui le piante stanno crescendo sia efficiente ed efficace in vista delle prossime missioni di lunga durata nello spazio, durante le quali gli astronauti dovranno per necessità coltivare il proprio cibo.
Ma la lattuga non è l’unica cosa che crescerà a bordo della Stazione. A bordo della prossima navicella Dragon SpX-13 ci sarà anche l’esperimento Arthrospira-B, parte del Programma ESA Melissa. L’Arthrospira è conosciuta anche come alga spirulina ed è considerata un interessante integratore alimentare naturale.
Una volta a bordo l’esperimento verrà installato nel BIOLAB, un incubatore situato nel laboratorio Europeo Columbus dedicato ad esperimenti di tipo biologico e che recentemente è stato preparato per l’arrivo dei campioni di Arthrospira.
Che utilità può però avere essere autosufficienti per i pasti se non si è protetti dall’ambiente spaziale durante il lungo viaggio verso un altro pianeta?
Attualmente fra i molti pericoli che gli astronauti devono affrontare quello dell’esposizione ai raggi cosmici è uno dei principali.
Questo tipo di radiazioni sono presenti in tutto l’Universo ma qui sulla Terra non ne siamo così affetti grazie alla protezione offerta dall’atmosfera. Come proteggersi invece se si è a bordo della Stazione Spaziale o in una navicella diretta sulla Luna?
A questa domanda vuole rispondere il progetto dell’Agenzia Spaziale Italiana PERSEO: grazie a una giacca indossabile e riempita con acqua gli astronauti possono continuare le loro attività scientifiche e di manutenzione quotidiane anche durante ad esempio le tempeste solari, quando per motivi di sicurezza sono ad oggi costretti a ripararsi in zone della Stazione maggiormente protette (con pareti più spesse). La giacca ha passato i primi test a inizio di Novembre quando Paolo l’ha riempita e indossata per provarne la praticità. E a quanto pare dalle foto che si è fatto scattare… sembra anche comoda!
Questi sono solo alcuni degli esperimenti che Paolo e i suoi colleghi hanno eseguito nelle ultime settimane; molte altre attività scientifiche e di manutenzione vengono svolte ogni giorno dall’equipaggio.
Un’altra sessione dello studio ESA Air Monitoring è stata portata a termine: l’aria della Stazione, come quella nelle nostre case e forse di più, porta con se microscopiche particelle di polvere che possono causare infiammazioni respiratorie agli astronauti. Grazie all’analisi del loro respiro questo esperimento cerca di capire la frequenza e il tipo di infiammazione: queste conoscenze verranno messe in pratica nel futuro per migliorare le condizioni delle missioni di lunga durata nello spazio verso la Luna o Marte.
L’equipaggio si è anche dedicato al test di nuove tecnologie che potrebbero aiutare il loro lavoro quotidiano, come ad esempio la realtà aumentata dell’esperimento ARAMIS che tramite un Ipad e una videocamera li può supportare nelle attività quotidiane di manutenzione come ad esempio la ricerca di oggetti nell’inventario di bordo o lo spostamento di oggetti da una posizione iniziale a una posizione differente nei diversi rack.
Paolo e i suoi colleghi oltre a eseguire personalmente gli esperimenti con il supporto del centro di controllo, ne sono spesso anche i soggetti.
Esperimenti come Sarcolab-3 (che studia l’ipotizzata perdita di capacità muscolare in microgravità) o Circadian Rythm (che studia invece come l’avere 16 albe e tramonti al giorno influisca sulle performance e la salute degli astronauti) sono mirati a capire come il nostro corpo si adatti alla vita extraterrestre per poi applicare quanto trovato alle prossime missioni di esplorazione umana dello spazio.
Se tutti questi esperimenti via hanno fatto venire un leggero mal di testa beh.. non siete soli! Anche gli astronauti a bordo della ISS hanno frequenti mal di testa , che vengono però tenuti sotto controllo e monitorati tramite un questionario settimanale come parte dell’esperimento Space Headhaches.
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