Dragon spacecraft. Credits: NASA

Dragon spacecraft. Credits: NASA

Quando la navicella Dragon ha attraccato alla Stazione Spaziale Internazionale il 16 agosto con nuovi rifornimenti ed esperimenti, l’astronauta ESA Paolo Nespoli era già pronto per trasferire velocemente i campioni biologici  appena arrivati nell’incubatore di bordo Kubik.

Kubik incubator. Credits: ESA

Kubik incubator. Credits: ESA

L’incubatore-refrigeratore ESA, chiamato Kubik, è da anni ormai la “casa” degli esperimenti biologici in orbita.  Arrivato a bordo della Stazione Spaziale nel 2004 è costituito da una centrifuga e da un elemento in grado di tenere i campioni ad alte temperature se necessario.  Kubik è in grado di far girare i campioni nella centrifuga per simulare una gravità terrestre artificiale, permettendo così ai ricercatori di capire con certezza se l’assenza di peso o altri fattori presenti in orbita possono influenzare le cellule all’interno dei campioni.

Per essere pronto all’arrivo di Dragon e dei nuovi esperimenti Paolo ha dovuto installare e preparare Kubik una settimana in anticipo. Dopo aver assemblato il macchinario ed eseguito alcuni test Paolo ha potuto confermare che la temperatura interna di Kubik era esattamente quella voluta di 37°C, non a caso la stessa del corpo umano. Questa preparazione anticipata è necessaria affinché i campioni possano essere trasferiti da Dragon (dove erano mantenuti a temperatura ambiente) all’interno di Kubik il più velocemente possibile.

Uno degli studi ora alloggiati in Kubik è SERISM e deriva dagli esperimenti ESA Roald and Reslem che avevano l’obiettivo di capire, a livello molecolare, per quale motivo le cellule del sistema immunitario muoiono più velocemente nello spazio. SERISM studierà il comportamento delle cellule staminali del sangue umano prelevato a Terra da donatori sani e poi trasportate nello spazio. Una volta a bordo e all’interno di Kubik verranno riprogrammate per produrre materiale  osseo in microgravità; campioni dei diversi stadi saranno mantenuti per poterli studiare una volta tornati a terra

I ricercatori potranno così analizzare i campioni e i vari cambiamenti che hanno subito nel tempo e confrontarli con quelli di riferimento che non sono stati portati in orbita. L’obiettivo del gruppo di ricerca del Campus Bio-Medico dell’Universitá di Roma é capire come il metabolismo osseo degli astronauti cambia a livello molecolare