Pressurised Mating Adaptor (PMA1)

Unity module interior with PMA1 in the background. Credits: NASA

Unity module interior with PMA1 in the background.
Credits: NASA

Dall’FGB, spostandoci verso la prua, attraversiamo un corridoio dalla strana fisionomia, un tronco di cono asimmetrico che partendo dalla forma rotonda del portello si trasforma in quella quadrata del Nodo-1. Questo passaggio si chiama PMA1, e oltre a connettere i due segmenti principali è anche un comodo posto di stivaggio: le sue pareti sono ricoperte dalle tipiche borse bianche (da noi chiamate CTB) che contengono il materiale in uso sulla Stazione. Attraversandolo si ha l’impressione di “scendere” verso il basso, sensazione dovuta alla sua forma asimmetrica.

Nodo-1 (Unity)

Mealtime in Unity Credits: NASA

Mealtime in Unity
Credits: NASA

Questo è il modulo più vecchio del segmento americano, e lo si può capire osservando lo stato delle pareti, che hanno subito l’attacco di decine di astronauti inesperti che qui hanno consumato la maggior parte dei loro pasti. Ancora adesso il Nodo-1 è il principale punto di incontro per l’equipaggio, e il passaggio obbligatorio da un segmento all’altro. Anche qui è stato installato un tavolo: è la metà mancante a quello russo (di cui ne ho parlato nel blog precedente), smontato varie spedizioni fa e rimontato qui con ingegno e arte del “fai da te” spaziale. Le quattro pareti attorno al tavolo sono del tutto adibite a stivaggio. Il deck, in particolare, contiene la “scatola degli attrezzi” della Stazione, ed è quindi normale vedere un astronauta che ne preleva per un lavoro o ne deposita dopo averlo completato. Tutte le pareti sono bianche, di un materiale plastico, con l’eccezione delle strutture ai quattro lati dei portelli, di colore rosa, per distinguerlo dal Lab (in cui sono blu) e dal Nodo-2 (in cui sono grigi). La seconda baia del Nodo-1 è formata dai quattro portelli di accesso ai moduli, ma solo 3 sono connessi ad altri volumi. Il quarto, allo zenit, è utilizzato per stivaggio, e al momento è utilizzato per i contenitori di cibo (diviso per categorie).

Permanent Multipurpose Module (Leonardo)

The interior of Leonardo. Credits: NASA

The interior of Leonardo.
Credits: NASA

Attraversando il portello di nadir si accede al Permanent Multipurpose Module, o PMM. “Leonardo”, questo il nome del modulo, ha una storia particolare: la sua storia spaziale inizia come MPLM (uno dei tre moduli logistici costruiti dall’Agenzia Spaziale Italiana che venivano portati dagli Shuttle per rifornire la Stazione), ed è poi stato convertito in un modulo di stivaggio permanente sempre dall’ASI. La sensazione di “scendere” verso il basso è fortissima, e tutti noi abbiamo giocato a “cadere” dentro il PMM per poi rimbalzare fuori spingendosi dal fondo. Tutte le pareti del PMM sono completamente stivate di CTB, ricambi, cibo. Uno dei rack è dedicato agli astronauti, che lo utilizzano come armadietto personale: i nostri vestiti, tutto il materiale igienico, i nostri effetti personali sono lì.

Airlock (Quest)

Quest airlock.  Credits: NASA

Quest airlock.
Credits: NASA

Se dal Nodo-1, guardando nella direzione di volo, mi sposto verso destra, si entra nell’Airlock. Ho descritto molte volte questo modulo, perché in occasione delle EVA vi ho passato molto tempo, preparando le tute, che sono sempre installate nelle due pareti dell’Equipment lock – il cilindro più largo, e gi strumenti che avrei poi utilizzato. Anche adesso le due tute sono lì, pazientemente in attesa del prossimo astronauta che potrà loro dare vita. Il cilindro più piccolo – il Crew Lock – quando non è utilizzato per le EVA viene adibito a stivaggio dei materiali per EVA: le nostre tute di riserva, i SAFER, i BRT, sono tutti agganciati alle sue pareti. Il resto del materiale si trova dietro le quattro pareti dell’Equipment lock: batterie per i vari elementi della tuta, i filtri per il CO2, i contenitori di acqua potabile, gli attrezzi per la manutenzione agli scafandri. Per me l’Airlock avrà sempre un’aria speciale: è particolarmente silenzioso e accogliente, perché più piccolo degli altri moduli, e ho sempre amato lavorarci dentro.

Nodo-3 (Tranquility)

Inside Tranquility Credits: NASA

Inside Tranquility
Credits: NASA

Direttamente di fronte all’Airlock troviamo il Nodo-3. Senza alcun dubbio, questo è il modulo che vede il maggior numero di transiti ogni giorno, per tutta una serie di ragioni. Quella forse meno nobile, sicuramente fra le più utili, e decisamente indispensabile, è che qui è installata la toilette. Identica in tutto e per tutto a quella russa, il sistema di riciclaggio dei liquidi qui è qui completamente integrato, e l’intervento da parte degli astronauti è veramente ridotto al minimo. Le dimensioni della cabina sono più confortevoli di quella installata all’altro capo della Stazione, e a Fyodor piace dire, scherzando, che la nostra è la toilette in “prima classe”.

La seconda ragione per la quale questo modulo è particolarmente trafficato è che qui sono installati due delle nostre apparecchiature sportive. La prima, entrando dal Nodo-1, è installata sulla parete di destra, ed è il T2, ovvero il nostro tapis roulant. Il piano della corsa è sulla parete che guarda vero la direzione di volo: il che vuol dire che quando corriamo il nostro corpo è parallelo alla Terra. Di T2 ho parlato in un blog precedente. La seconda apparecchiatura sportiva si chiama ARED (Advanced Resistive Exercise Device) e funziona con il principio delle pompe a vuoto: due pistoni ermetici e calibrati che permettono di effettuare vari esercizi di sollevamento pesi. Il dettaglio che qui mi premeva far notare è che i tre elementi del Nodo-3 finora descritti giacciono su tre piani diversi: il che vuol dire che un astronauta che dal Nodo-1 guarda dentro Tranquility ne vedrebbe uno che corre parallelo al deck, un altro che utilizza la toilette in un orientamento normale (ovvero con la testa verso lo zenit) e un altro che si allena su ARED a “testa in giù”. Poiché ognuno di noi si allena su ARED almeno un’ora e mezza al giorno, e almeno due persone, se non tre, si allenano sul T2 quotidianamente, è molto probabile che qualcuno, in un qualsiasi momento della giornata, si stia allenando.

Cupola

Cupola and the robotics workstation. Credits: NASA

Cupola and the robotics workstation.
Credits: NASA

La terza ragione per la quale c’è sempre qualcuno nel Nodo-3 è Cupola, la quale è installata nel porto nadir. Attraversato Nodo-3, con una capriola di 180 gradi si “scende” dentro Cupola. Di solito i piedi restano “agganciati” al portello, così da avere la Terra che scorre “verso” di noi, il nostro sguardo rivolto nella direzione di volo, il nord nella direzione generale di destra, il sud a sinistra. La nostra finestra sul mondo ha affascinato e ammaliato tutti gli astronauti e cosmonauti che hanno avuto il privilegio di affacciarsi sul pianeta. Le sue sette finestre che guardano a 360 gradi sull’orizzonte offrono uno spettacolo di ineguagliabile bellezza, che nutre l’anima e riempie gli occhi senza mai saziarli…

Potrei continuare a sforzarmi vanamente di trovare le parole adatte, ma non è questo il momento. Quindi ritorniamo indietro, attraverso il Nodo-3, dentro il Nodo-1 per continuare attraverso il portello che guarda nella direzione di volo.

Destiny Laboratory (Lab)

Robonaut working in the Destiny Lab Credits: NASA

Robonaut working in the Destiny Lab
Credits: NASA

Entriamo nel laboratorio americano e siamo subito sorpresi dalla grandezza del modulo, grande almeno il doppio di quelli incontrati finora: i due “coni” anteriore e posteriore sono blu, ma il resto delle pareti (o meglio, quel che ne è visibile!) è bianco. Il Lab è il cuore del segmento US, non solo perché contiene la maggior parte dei sistemi che permettono la vita a bordo della Stazione, ma anche per i “rack” scientifici distribuiti lungo le varie superfici: qui si effettuano molti degli esperimenti. Appena entrati, a destra troviamo una moltitudine di lenti e macchine fotografiche, perennemente a disposizione del personale a bordo per scattare foto delle attività giornaliere. A sinistra è una postazione storicamente utilizzata per le Daily Planning Conferences, e quindi troviamo il “giornale di bordo” (in realtà un blocnotes del tutto non ufficiale), penne, pennarelli e matite, tutto vincolato con velcro. Subito dopo da entrambi i lati notiamo i Joystick di controllo del CanadArm2: infatti il Lab è la postazione di supporto per le operazioni robotiche quando non si utilizza quella in Cupola, ma solo la “robotic work station” a sinistra è operativa; quella di destra è collegata al sistema di addestramento ROBOT, il simulatore del CanadArm2.

Ancora avanti, installato “overhead” troviamo il distributore di acqua potabile, poi a sinistra CEVIS, la nostra Cyclette spaziale. Pedalare in orbite richieda solo un minimo adattamento, ma è sempre strano pensare che CEVIS non ha né sella né manubrio: a 0g sono inutili. Le altre quattro baie della parete di destra sono occupate da rack scientifici, tra cui il riconoscibilissimo Microgravity Science Glovebox, con il grande volume vetrato dove al momento è visibile l’installazione dell’esperimento InSpace3.

Nodo-2 (Harmony)

Crew quarters in Harmony. Credits NASA

Crew quarters in Harmony. Credits NASA

Di forma identica al Nodo-3 (sono stati entrambi costruiti in Italia), il Nodo-2 contiene le quattro cuccette dove gli astronauti (e un cosmonauta!) riposano. Le troviamo in tutte e quattro le pareti appena passato il portello (la cui struttura è qui grigia), sporgenti rispetto alla parete per garantire un po’ di spazio. Poco più piccole di una cabina telefonica (per chi se le ricorda), qui in orbita sono considerate un lusso perché ci permettono di avere un po’ di privacy. Dentro, vincolato a una parete, ognuno di noi ha il suo sacco a pelo, di colore verde chiaro, e due computer (uno per la rete di bordo, l’altro che consente remotamente di connettersi a internet): alle pareti, ognuno sistema come può le foto della famiglia e degli affetti – il tutto crea un ambiente accogliente e confortevole.

La seconda baia è di lavoro, e alle pareti sono installati due banchi metallici, di colore blu, dove è possibile sistemare attrezzi, apparecchiature ed esperimenti – ad esempio, è qui che Karen e Mike lavorano sull’esperimento CFE. Il porto a nadir, che adesso è vuoto, nel corso della mia missione ha ospitato HTV4 e Cygnus-D. Ed è qui che viene agganciato anche Dragon. Il portello superiore è vuoto, mentre quello frontale è utilizzato per stivaggio. Dietro quel portello si trova PMA2, il porto di attracco dello Space Shuttle: tutte le volte che ci penso, mi ritrovo con la mente a sistemare la copertura termica che ho installato durante la mia prima EVA… ma questa è un’altra storia.

Japanese Experiment Module (Kibo)

Expedition 37 crew members pose for a photo in Kibo. Credits: NASA

Expedition 37 crew members pose for a photo in Kibo.
Credits: NASA

Una tendina in stile giapponese ci accoglie quando giriamo a sinistra per entrare dentro Kibo. Se il Lab è grande, Kibo è enorme, come conferma la scritta all’ingresso: “Welcome to Kibo – please enjoy and relax in this brand new, the most spacious and quietest room in the ISS” (sic). Sempre immacolato, spazioso e ben illuminato, Kibo è uno dei luoghi preferiti per fare video. Anche qui le pareti si alternano tra stivaggio ed esperimenti, ma quattro dettagli rendono Kibo ancora più straordinario: il primo, è che l’ultima baia a sinistra ha un’altra stazione robotica (con joystick e schermi integrati) per il controllo del braccio robotico giapponese, che è installato fuori sulla Exposed Facility (la cosiddetta “veranda”); il secondo è una camera stagna integrata, che permette di trasferire esperimenti dall’interno all’esterno della Stazione, e viceversa; il terzo dettaglio sono le due finestre proprio sopra la camera stagna, e che quindi guardano a destra della Stazione. Per scoprire il quarto dettaglio dobbiamo attraversare tutto il modulo e giungere fino alla parete di fondo, lì dove il modulo si allarga, lì dov’è installata la camera stagna, e guardare verso l’alto.

Experiment Logistics Module- Pressurized Section (JLP)

A view of JLP from the outside. Credits: NASA

A view of JLP from the outside.
Credits: NASA

Installato sopra la camera stagna, il JLP è un (relativamente) piccolo modulo logistico pressurizzato, molto amato da noi astronauti per filmare scene in cui voliamo verso l’alto per dimostrare la microgravità. Entrando dentro ci accoglie la scritta: “Welcome to the highest place of Japan over Mt. Fuji”, che strappa sempre un sorriso. Il modulo ha le stesse dimensioni di un HTV, e come la navetta è pieno di materiali vari qui stivati.

Columbus Laboratory

Fisheye view of Columbus Laboratory. Credits: NASA

Fisheye view of Columbus Laboratory.
Credits: NASA

Attraversato al contrario Kibo, ritornando in Nodo-2 e attraversandolo ci troviamo dentro il laboratorio Columbus, il contributo europeo all’ISS. Entrando dentro ci accorgiamo subito della natura scientifica del modulo: tutte le baie alla nostra destra sono occupate da rack per esperimenti, così come la prima baia sopra di noi, e tre alla nostra sinistra. Il deck è dedicato ai sistemi di bordo, ed è ricoperto da pannelli in metallo; il “cono” di fronte a noi, oltre a contenere alcuni sistemi (tra cui due monitor) è utilizzato per stivaggio. Columbus, oltre a essere impiegato per esperimenti europei, è anche il modulo più usato per gli studi di fisiologia – da parte di tutti gli astronauti -, ed è qui che vengono eseguiti i controlli delle variazioni di peso, i prelievi di sangue e tutti i tipi di ecografia (spinale, cardiaca, ottica).

Dall’inizio del nostro percorso ci siamo spinti per circa cento metri di lunghezza, e visitato un volume di circa 840 metri cubi – equivalente a quello di un grande aereo da trasporto. Questa straordinaria astronave, costruita e gestita da cinque Agenzie Spaziali (il miglior caso di cooperazione internazionale al mondo) viaggia a 400km di quota, a 28000km l’ora. Ecco dunque che alla domanda della studentessa: “Qual è la cosa che più ti ha colpito della Stazione Spaziale?” la mia risposta è giustificata. E voi, cosa avreste risposto?