La settimana scorsa ho avuto l’opportunità di parlare contemporaneamente con alcuni studenti di tre diverse università, in Italia, Germania e Israele. Le loro domande mi sono piaciute moltissimo, perché mi hanno permesso di giocare un po’ con loro, cercando nelle mie risposte di porre ancora più quesiti, che le loro giovani menti potranno investigare, se lo vorranno.

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Una domanda, semplice solo in apparenza, mi è giunta da una ragazza, che in inglese mi ha chiesto: “Qual è la cosa che più ti ha colpito della Stazione Spaziale?”. Non della mia missione, non delle visioni che negli ultimi 150 o poco più giorno hanno ridisegnato nella mia mente la geografia: ma della Stazione stessa. Una domanda che non mi ero mai posto perché una Stazione spaziale orbitante è un concetto talmente straordinario che trovo l’idea stessa impressionante. Ma quello non era il momento giusto per giri di parole, e nei pochi, brevi e al contempo lunghissimi istanti prima di rispondere ho cercato nella mia mente di immaginare l’ISS e pormi la stessa domanda. E mi sono immaginato in quei primi momenti quando, dopo l’apertura del portello della Soyuz TMA-09M, sono entrato per la prima volta all’interno della frontiera umana nel cosmo. Tra le migliaia di pensieri che mi affollavano la mente quasi sei mesi fa, uno in particolare si è fatto largo tra gli altri e ho così risposto: “Le sue dimensioni…”. Oggi vorrei accogliervi a bordo della Stazione, e accompagnarvi all’interno dei suoi moduli, partendo dalla sua coda…

Automated Transfer Vehicle 4 (ATV-4)

ATV 4 when it had just arrived

ATV 4 when it had just arrived

Silenzioso e buio, “Albert Einstein” aspetta la sua partenza. Per illuminare il suo interno è necessario inviare un comando attraverso uno dei computer di interfaccia con i sistemi di bordo – in questo caso con quelli russi. Le quattro lampade fluorescenti, identiche a quelle dei segmenti americani, europeo e giapponese, all’inizio illuminano fiocamente il volume interno, poi prendono vigore e danno abbastanza luce da muoversi con naturalezza. Ci troviamo dentro un cilindro: la parte posteriore è chiusa con una superficie curva, dietro la quale (e fuori dal volume pressurizzato nel quale ci troviamo) so che sono installati i sistemi della navetta e i contenitori pressurizzati di liquido e gas – ancora oltre, i motori. A destra e a sinistra, due sistemi di valvole permettono di introdurre acqua, aria e ossigeno dentro la Stazione. Intorno a noi, due “baie di rack” ci circondano, sopra (overhead), sotto (deck), a sinistra (port) e a destra (starboard), otto in tutto. I rack sono dei contenitori scaffalati, all’interno del quale abbiamo sistemato un’enorme quantità di rifiuti, praticamente uguale, in volume e peso, a quella di rifornimenti portati da ATV 4 mesi fa. Davanti a noi un tronco di cono si stringe fino al sistema di attracco, che poi con un ingegnoso meccanismo è anche il portello di accesso al segmento russo. Uscendo, chiuderemo il portello per l’ultima volta: domani ATV4 si staccherà dalla Stazione, e lo vedremo per l’ultima volta dalle nostre postazioni mentre rientrerà distruggendosi nell’atmosfera.

Service Module (SM)

Pavel Vinogradov in Zvezda. Credit NASA

Pavel Vinogradov in Zvezda. Credit NASA

Attraversato lo stretto portello di ATV ci ritroviamo in un piccolo compartimento dalla forma sferica, pieno di vari contenitori. Utilizzato come “ripostiglio”, quello in cui ci troviamo è solo un corridoio di accesso al “compartimento operativo” di “Svesda” (in russo, stella); ovvero il modulo centrale del segmento russo, dove i cosmonauti russi passano in assoluto la maggior parte delle loro giornate in orbita.

Immediatamente alla nostra sinistra troviamo un piccolo compartimento con i servizi sanitari. Il sistema consiste di un aspiratore che crea un flusso d’aria per convogliare i rifiuti: quelli solidi in un contenitore ermetico, quelli liquidi, attraverso un tubo separato non dissimile da un aspirapolvere, in un altro per poterli riciclare separatamente. Lo spazio è veramente angusto, ma il sistema funziona bene e non genera cattivi odori. L’ambiente è spartano ma funzionale: spostandoci verso la “prua” dell’ISS dentro l’SM, a destra e a sinistra troviamo due crew quarter, dove dormono in questo momento Fyodor e Sergey. Le dimensioni dei crew quarter, non più grandi di una cabina telefonica, sono simili a quelle degli alloggiamenti in Nodo2, dove dorme il resto dell’equipaggio, ma hanno una caratteristica che le rende particolarmente lussuose: una finestra che guarda all’esterno!

Il rivestimento delle pareti, una moquette di colore beige opaco, permette di attaccare tutto direttamente grazie all’onnipresente velcro. Sono pochi i pannelli che non sono ricoperti da questo rivestimento.

Velcro used extensively on the walls. Credit: ESA

Velcro used extensively on the walls.
Credit: ESA

Continuando il nostro volo in avanti, notiamo un tavolo richiudibile al centro del volume dove ci troviamo: generazioni di esploratori spaziali hanno cenato insieme a questo tavolo, che contiene integrato anche uno scaldavivande, e sulla destra il distributore di acqua calda e temperatura ambiente. Sul lato sinistro un altro distributore di acqua (quella di lunga permanenza). Accanto al tavolo, in direzione della prua, un grosso apparato in continuo movimento, con il suono di ingranaggi di un orologio a pendolo, il sistema di rigenerazione dell’atmosfera. Qui il volume si restringe, e a destra e sinistra troviamo, ordinate per lunghezza focale, macchine fotografiche e lenti di ogni di vario tipo, da grandangoli a zoom di 600mm. Il deck di questo volume contiene varie finestre, dalle ottime proprietà ottiche, ed è una fonte inesauribile di intrattenimento vedere il pianeta scorrere sotto. Due computer di accesso al sistema analogico di bordo si trovano ai fianchi di quello che è invece il pannello centrale, dove si trovano tre computer: uno per l’accesso ai sistemi di bordo russi, il secondo per i sistemi di bordo americani, il terzo per la rete di bordo. In questo momento, sulla parte destra è installato il pannello di controllo di ATV, attraverso il quale ho seguito l’aggancio e monitorerò la sua partenza. Di norma, in questa posizione è installato il TORU, il sistema di comando manuale per le Progress.

Attraversiamo un altro portello per entrare in un altro compartimento sferico, più grande e comodo del precedente, diverso dal primo perché, come un nodo, contiene tre punti di attracco, ai quali sono agganciati tre moduli.

Mini Research Module  2 (MRM2)

MRM2. Credit: NASA

MRM2. Credit: NASA

Sollevandoci verso lo zenit entriamo nel Mini Research Module 2: dalla forma a campana allungata, questo modulo è utilizzato come porto di attracco delle Soyuz della linea A (quelle che portano le spedizioni dispari: adesso, per esempio, troviamo la Soyuz della spedizione 37/38) e come modulo logistico. Dappertutto, le pareti sono ricoperte dalla stessa moquette, qui più nuova e di un colore più vivido. Questo modulo ha due portelli che vanno all’esterno, uno che guarda verso la direzione di volo, l’altro in direzione contraria – ogni portello ha integrata una finestra. All’estremità zenith troviamo la navetta, buia e silenziosa, a parte l’onnipresente suono delle ventole. Sistemandoci dentro il modulo di discesa della Soyuz, ci troviamo nell’estremità più alta della Stazione: non c’è alcun essere umano al di sopra di noi.

Docking Compartment 1 (DC1)

Russian cosmonauts Fyodor Yurchikhin (left) and Alexander Misurkin in the Docking Compartment. Credit: NASA

Russian cosmonauts Fyodor Yurchikhin (left) and Alexander Misurkin in the Docking Compartment. Credit: NASA

Andando in direzione opposta, e quindi verso nadir, si entra nel Docking Compartment1. Identico all’MRM2, questo compartimento è utilizzato per due scopi fondamentali: come porto di attracco per le navette cargo russe Progress, e come camera stagna per le EVA russe. Di fatto le due tute Orlan sono sempre stivate qui, e Oleg e Sergey hanno iniziato da qualche tempo le procedure di attivazione degli scafandri. All’estremo nadir troviamo l’ultima navetta Progress, agganciatasi alla Stazione alcuni mesi fa, ormai svuotata del suo contenuto e che viene a poco a poco riempita di rifiuti fino alla sua partenza.

Logistic Module – Zarya – FGB

Archive picture of DC1. Credits: NASA

Archive picture of DC1. Credits: NASA

“Zarya” (alba) è il modulo più vecchio dell’ISS, lanciato nel 1998. Sebbene contenga vari sistemi, utilizzati durante il volo autonomo, adesso è utilizzato per stivaggio. Le pareti sono pannelli facilmente apribili per avere accesso al materiale stivato dietro. Di fatto, attraversandolo verso la prua della Stazione, il deck è completamente coperto da cargo, agganciato con corde elastiche e velcro, per circa un terzo dell’altezza del modulo: se fossi in piedi, il materiale mi arriverebbe sino alle ginocchia. All’estremità frontale, il modulo è completamente sgombro: qui Fyodor, Oleg e Sergey si lavano la mattina o dopo aver fatto sport, e tre delle pareti sono ricoperte dai loro effetti personali. Il modo migliore per attraversare velocemente il modulo è di utilizzare le maniglie installate sulle due pareti laterali: sembrano quasi una scala orizzontale. A volte provenendo dall’SM mi diverto ad attraversare l’FGB con i piedi in avanti, costringendo il mio cervello a pensare in “verticale”: la sensazione è quella di calarsi in un pozzo.

All’estremità frontale passiamo attraverso un altro portello e ci ritroviamo in un altro compartimento sferico, grande come quello all’altra estremità, con due punti di aggancio.

Mini Research Module 1 (MRM1)

Russian cosmonaut Fyodor Yurchikhin in MRM1 Credit: NASA

Russian cosmonaut Fyodor Yurchikhin in MRM1
Credit: NASA

Scendiamo verso nadir, ed entriamo nel Mini Research Module 1: più grande di MRM2 e DC1, l’interno ha una sezione quadrata, e come l’FGB le pareti sono ricoperte da pannelli che possono essere aperti per avere accesso al materiale stivato. L’estremità in basso è il punto di approdo delle Soyuz della linea B (quelle che iniziano con spedizioni pari: 36/37, per esempio) e in questo momento, orientata di 45 gradi rispetto alla direzione di volo, vi è agganciata la mia. Ma ancora per poco: in attesa dell’arrivo della TMA-11M, il mio equipaggio si sgancerà dall’MRM1, volerà intorno all’ISS per riposizionarsi dietro l’SM, e poi effettuerà un attracco in modalità manuale. Una manovra fatta raramente, ma per il quale mi sono addestrato insieme a Fyodor e che quindi sono contento di poter effettuare.

FINE DELLA PRIMA PARTE