Cygnus launch. Credits NASA

Cygnus launch.
Credits NASA

Rinvii

Il rinvio dell’arrivo della navetta cargo Cygnus serve a ricordarci che le imprese spaziali sono ancora un campo di esplorazione tecnologica, dove è poco salutare dare per scontato anche il più piccolo dettaglio.

Ma è anche la dimostrazione che l’esperienza acquisita nei circa 40 anni di storia astronautica non è andata perduta: nonostante il sovvenuto problema di software che ha rinviato l’avvicinamento e la cattura di Cygnus, la sicurezza del cargo, della Stazione e dell’equipaggio non è mai stata compromessa. In un ambiente in cui si lavora con margini strettissimi, e dove qualsiasi errore può avere conseguenze catastrofiche, è confortante poter contare sulle tante squadre che dalla Terra, dai vari centri di controllo, si occupano di noi proteggendoci, minimizzando i rischi e permettendoci di lavorare al meglio. Il supporto di questi uomini e donne è uno straordinario privilegio: qualcosa che, ancora una volta, non si può dare per scontato.

TMA-10M

Expedition 37 in front of their  Soyuz TMA-10M rocket Credits NASA

Expedition 37 in front of their Soyuz TMA-10M rocket
Credits NASA

Sono quasi le ventuno sulla Stazione, abbiamo da poco superato il terminatore e fuori è già notte, mentre ci apprestiamo a sorvolare il Kazakhstan. La maggior parte delle luci intorno a me sono spente, ma le finestre della Cupola riflettono la luce blu dei monitor della Stazione Robotica. Provo a utilizzare il copri-finestra dello Shuttle, lasciato anni fa da una missione STS, per mitigarne la luminosità, ma ho forti dubbi che riuscirò a vedere qualcosa. Al momento del lancio, Baikonur si troverà a circa 30° sotto l’orizzonte, a varie centinaia di chilometri di distanza. Mi piacerebbe poter vedere la partenza della Soyuz TMA-10M: dentro c’è l’altra metà dell’Expedition 37, ma soprattutto ci sono tre amici che riempiranno il vuoto lasciato da Chris, Sasha e Pavel. Li immagino imbragati nel loro sedile, impegnati nei vari controlli, ebbri di una controllata eccitazione. Conosco ogni loro pensiero, perché pochi mesi fa – una vita fa? – lo stesso pensiero è passato nella mia mente. Vedo attraverso il loro sguardo, serio, concentrato, sicuro, e posso sentire ogni suono che passa nelle loro cuffie.

Non si vede nulla e leggo con delusione sul mio orologio che il momento previsto della partenza è passato: Karen, con me fino a questo momento, si allontana per seguire altre mansioni. Io decido di restare ancora qualche momento, e osservo le poche luci umane ben visibili nel deserto kazako che scorre sotto. Una delle luci sembra brillare più delle altre, attira il mio sguardo e ancora prima di riuscire a formulare il pensiero so che sto guardando l’ascesa della Soyuz – provo a chiamare Karen, ma lei non mi sente e io non riesco a distogliere lo sguardo. La luce, lontanissima, aumenta di intensità mentre si solleva, poi con una gloriosa fiammata finale si spegne – un solo istante e ricomincia, ma meno intensa e comprendo di aver assistito alla separazione di uno stadio, probabilmente il terzo dal secondo, ma non posso esserne certo.

L’ISS continua il suo volo e la Soyuz sparisce al di là dell’orizzonte, ed è come se il glorioso spettacolo di pochi istanti fa non ci sia mai stato. Ma io li ho visti.

L’ arrivo dell’ Expedition 37

Expedition 37 prepares to enter ISS Credits NASA

Expedition 37 prepares to enter ISS
Credits NASA

Fyodor ha già aperto il portello del modulo MRM2, e il meccanismo di aggancio, i cui sensori hanno il solido, tecnologico aspetto di molte apparecchiature spaziali, è ben visibile mentre aspettiamo che l’equipaggio della Soyuz dall’altro lato lo ruoti per permettere il passaggio.

Quando finalmente Oleg ruota il portello l’apertura è sorprendentemente silenziosa, ma noi non lo siamo mentre ridiamo e abbracciamo con calore i nuovi arrivati. Il piccolo modulo si riempie dell’equipaggio al completo dell’Expedition 37, ma la nostra gioia trabocca incontenibile verso il resto della Stazione.

Il tempo qui passa velocissimo, ma il mio ingresso di pochi mesi fa mi sembra un ricordo lontanissimo, anche se estremamente nitido: osservando l’espressione sui volti dei miei amici vedo riflessa la stessa esuberante miscela di indescrivibili emozioni che mi ha sopraffatto al mio ingresso. E le maschere da chirurgo che hanno indossato per sorprenderci non riescono a nascondere il sorriso nei loro occhi.

In-flight call with the new crew

In-flight call with the new crew

Al momento delle chiamate radio ai familiari e agli amici che da terra hanno seguito gli straordinari eventi di stanotte, ascolto l’emozione che traspare dalle loro parole – un’emozione inalterata anche a migliaia di chilometri di distanza. E ripenso alle prime parole di mia madre il giorno del mio arrivo: “Luca, sono la mamma…” – come se non avessi riconosciuto istantaneamente la più dolce delle voci, un suono che nemmeno il frastuono di un motore spaziale potrebbe mai nascondere, una melodia che nemmeno il vuoto dello spazio potrebbe alterare.