Nell’ultimo mese Luca si è sottoposto agli ultimi tre esami importanti per completare la preparazione che precede al suo lancio imminente. Nei seguenti post ci racconta della sua esperienza durante ogni esame.

Il primo esame – la simulazione del volo fast-track – è abbastanza nuovo: infatti questa è soltanto la seconda volta che viene fatto. Invece di compiere le consuete 34 orbite nei due giorni che fino a pochissimo tempo fa venivano impiegati per raggiungere la Stazione Spaziale, la Soyuz in cui viaggeremo eseguirà il rendezvous lo stesso giorno della partenza, attraccando a tempo da record.

Questo esame è una riproduzione “in scala 1:1” di quello che faremo realmente il giorno del lancio – sperando ovviamente che non accadano le avarie che abbiamo dovuto affrontare durante la simulazione! Seduto al mio posto di sinistra, assieme a Fyodor, il comandante, e Karen a destra, abbiamo provato in tutto e per tutto il randezvous veloce con le tempistiche reali (6 ore in totale dalla partenza all’attracco). Questo nuovo approccio è ancora in fase di sperimentazione, per fare si che poi un giorno diventi la metodica nominale. Il vantaggio consisterà nel risparmio di risorse.

L’esame inizia alle 9 di mattina quando si entra nel simulatore vestiti con gli scafandri, dopo aver scelto la busta, davanti alla commissione, che conteneva la descrizione delle avarie che avremmo avuto durante la simulazione. Una volta posizionati nel simulatore, abbiamo iniziato questa prova con la partenza, seguita da varie fasi di avvicinamento alla Stazione durante le quali abbiamo avuto una serie di avarie e di emergenze. L’esame si è concluso con il rendezvous e l’attracco alla Stazione in modalità manuale.

Abbiamo ottenuto un ottimo risultato, soprattutto considerando il fatto che come equipaggio abbiamo avuto pochissimo tempo per addestrarci – siamo stati autorizzati al nuovo profilo solo poche settimane fa, e i simulatori non erano pronti! Il nostro sarà il primo equipaggio internazionale, ed io il primo co-pilota non-Russo, a eseguire questo profilo di approccio.

Per motivi di tempistica il comandante e io dobbiamo lavorare in maniera quasi indipendente durante tutta la prima fase di questo viaggio: l’ingresso in orbita, le prime accensioni dei motori fino all’orbita detta “di parcheggio”. Lavorare indipendentemente significa che il comandante deve avere la massima fiducia nelle mie capacità: e non solo lui, ma anche gli istruttori e il centro di controllo devono fidarsi totalmente di come svolgo il mio compito. Non posso essere monitorato dal comandante, né io posso controllare lui. Per sodddisfare il concetto di Crew Resource Management, che raccomanda un mutuo controllo, abbiamo dovuto sviluppare una nuova metodica, attraverso la quale il comandante e il co-pilota seguono l’uno l’operato dell’altro durante le varie fasi del volo. È stata una sfida in più, ma per me è una grande soddisfazione vedere che il comandante si fida del mio modo di lavorare e della mia competenza. È anche un modo per avvicinarmi al mondo operativo Russo, che si dovrà fidare di questo giovane “rookie” – uno che non ha mai volato nello spazio.

La lingua usata durante gli esami è sempre ed esclusivamente il Russo. Anche questo è un fattore determinante per poter svolgere le proprie funzioni in sicurezza e per poter comunicare con la squadra a terra e quindi, come potete immaginarvi, si deve avere una padronanza della lingua abbastanza elevata: in casi critici o di emergenza bisogna essere in grado di rispondere rapidamente e correttamente.

Il fatto di essere il primo Europeo, oltre che il primo ingegnere di bordo non Russo, a sperimentare questo nuovo approccio verso l’ISS è un grosso risultato per me, ma anche per l’Agenzia Spaziale Italiana e per l’Agenzia Spaziale Europea – la dimostrazione di un sistema che funziona.