La scorsa settimana l’equipaggio a bordo della Stazione Spaziale ha constatato un problema di perdita di ammoniaca, verificatasi da una delle pompe dei sistemi di controllo termico di uno dei canali di alimentazione elettrica (identificato dal codice 2B). Come molti sapranno, il problema è stato risolto grazie alla destrezza degli astronauti a bordo con una passeggiata spaziale non pianificata.

Molti mi hanno chiesto come mi stessi preparando alla possibilità di un rinvio del lancio, in caso di problemi non risolvibili in tempi brevi. La risposta è molto semplice: lo spazio è un ambiente estremamente dinamico dove tutto cambia in continuazione, per cui anche se dovessero decidere di rinviare il lancio, magari per altri problemi (per esempio come successo l’anno scorso, quando tutti i lanci sono slittati per controlli eccezionali al terzo stadio del vettore Soyuz) io chiaramente lo capirei perfettamente; sono cose che succedono – sono successe in passato e succederanno anche in futuro.

Uno dei primi e forse migliori consigli che mi è stato dato quando sono diventato astronauta è di non innamorarti mai né di una missione né di un equipaggio: l’unica cosa certa nelle missioni spaziali è che qualcosa cambierà. La fuga di ammoniaca è uno di quei casi difficilmente prevedibili, e non si può fare niente in maniera preventiva: fa parte di tutte le cose da tenere in considerazione…il lancio può essere rinviato, così come il ritorno a terra.

A me piace pensare che in questo tipo di lavoro, ancora più che in altri, le difficoltà devono essere considerate come nuove opportunità: i problemi che bisogna affrontare offrono spesso nuove possibilità per sviluppare procedure diverse e più efficienti, o per comprovare che l’addestramento a terra sia adatto a quello che effettivamente serve in orbita. Durante l’addestramento EVA – ovvero Attività Extra Veicolare – ci addestriamo a risolvere situazioni come quella appena accaduta: in caso di perdita di ammoniaca siamo preparati a uscire per ispezionare, fotografare, controllare ed eventualmente, con un minimo di preparazione a bordo, poter effettuare le riparazioni necessarie, come quelle che gli astronauti americani Thomas Marshburn e Christopher Cassidy hanno svolto in questo caso.

Quindi se effettivamente si riscontra un problema, questo diventa “un’opportunità” per verificare che l’addestramento svolto a terra è non solo necessario, ma anche e soprattutto sufficiente per lavorare in piena sicurezza per effettuare riparazioni anche complicate come quella che è stata fatta di recente dai miei colleghi. Tutto fa parte di questo lavoro!

Ricordiamo che la Stazione non è un punto di arrivo ma bensì di partenza: noi stiamo studiando e sviluppando tecnologie e procedure che serviranno in futuro per l’esplorazione spaziale ben al di là della “low Earth orbit” (orbita bassa terrestre), quando saremo in grado di spingerci verso gli spazi interplanetari.